ANDANDO CONTRO NATURA, SI MUORE

Vorrei condividere una riflessione personale sul perché non bisogna utilizzare i contraccettivi nel rapporto sessuale. Lasciamo stare per un momento tutti gli argomenti morali o etici che potrebbero incorniciare il discorso (dato che nella nostra società la verità non è una sola ma ce n’è una a testa, ed è dunque difficile trattare brevemente un capitolo così ampio).

Parliamo in termini biologici.

La natura umana è portata a fare determinati atti (mangiare, bere, dormire, riprodursi) per sopravvivere. Pensate: se noi ci rifiutassimo di nutrirci, moriremmo soffrendo terribilmente per fame o disidratazione; se noi rifiutassimo di dormire, il nostro cuore smetterebbe di battere; se noi rifiutassimo di riprodurci, entro una sola generazione sarebbe estinta l’intera umanità. Ebbene, ci sono dunque questi atti naturali che dobbiamo fare per vivere e sopravvivere.

La natura però non è crudele in questo senso: non ci obbliga a nutrirci o a dormire o a riprodurci senza il nostro “consenso”. Difatti, quando facciamo uno di questi atti, proviamo piacere nel farlo, e dunque lo vogliamo fare. Pensate a un piatto di cui siete particolarmente golosi: il piacere di mangiarlo ci fa soddisfare il nostro bisogno di nutrirci in modo gradevolissimo. Se invece nutrirsi fosse un’azione disgustosa, o dolorosa, non lo faremmo. Per questo la natura ci aiuta nel compiere queste azioni accompagnandole al piacere.

Ora, ritornando ai contraccettivi. Perché non dovremmo usarli? Per lo stesso identico discorso.

La natura ha fatto sì che il rapporto sessuale fosse molto piacevole; in questo atto, l’uomo procrea, ovvero fa nascere una nuova vita. La natura, infatti, è finalistica: ci porta a fare l’atto sessuale per garantire la sopravvivenza della specie (questo è il fine), e il mezzo è il piacere.

Ora, facciamo un parallelo tra il mangiare e l’atto sessuale.

LA MIA LIBERTA' FINISCE QUANDO INIZIA QUELLA ALTRUI

Sono bigotto, oltranzista e reazionario, ed ecco perché nel 2017 (come se il tempo mutasse la verità), ancora ritengo che sia fondamentale lottare in nome di chi una voce non l’ha ancora, in nome della categoria sociale più debole, quella prenatale. Sembra che solo personaggi intrisi di moralismo Cristiano possano ancora credere che nel grembo dal concepimento in poi esista la vita, ma stupirà forse gli illuminati libertari scoprire che anche i più lontani dalla Fede hanno saputo separare l’etica dal desiderio. 
Il Mahatma Gandhi disse: “Mi sembra chiaro come la luce del giorno che l’aborto sia un crimine”. Un personaggio lontanissimo dal mondo Cattolico, Pier Paolo Pasolini, negli Scritti Corsari dichiarò: “Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell'aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell'omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente.” 
 
Cerchiamo di essere onesti. Quando nello spazio vengono trovati batteri parliamo di vita (come è normale che sia, per quanto semplice ed elementare), e tuttavia un feto non viene riconosciuto come tale. Tralasciando la banalità per la quale da un giorno all’altro quello che per i benpensanti sarebbe un grumo di cellule diverrebbe improvvisamente vita umana (a 90 giorni un non uomo abortibile, dal giorno dopo, novantunesimo, sbam, essere umano), occorre osservare che chi sostiene l’aborto entro i tre mesi lo fa senza ragione scientifica, seppur di essa si rende portabandiera. 

GESÙ A MARIA VALTORTA

"(…) QUELLI CHE ALL’ULTIMA GIORNATA IMITERANNO GIUDA E VENDERANNO LA LORO ANIMA A SATANA NUOCENDO AL CORPO MISTICO DI CRISTO.
IN ESSI LA BESTIA AVRÀ I SUOI LUOGOTENENTI PER LA SUA ULTIMA GUERRA.


E GUAI A CHI IN GERUSALEMME, NEGLI ULTIMI TEMPI, SI RENDERÀ COLPEVOLE DI TALE PECCATO.

GUAI A COLORO CHE IN ESSA SFRUTTERANNO LA LORO VESTE PER UTILE UMANO.

GUAI A COLORO CHE LASCERANNO PERIRE I FRATELLI E TRASCURERANNO DI FARE DELLA PAROLA CHE HO LORO AFFIDATA PANE PER LE ANIME AFFAMATE DI DIO.
GUAI.

FRA CHI RINNEGHERÀ APERTAMENTE IDDIO E CHI LO RINNEGHERÀ CON LE OPERE, IO NON FARÒ DIFFERENZA.

E IN VERITÀ VI DICO, CON DOLORE DI FONDATORE ECCELSO, CHE ALL’ULTIMA ORA I TRE QUARTI DELLA MIA CHIESA MI RINNEGHERANNO, E LI DOVRÒ RECIDERE DAL TRONCO COME RAMI MORTI E CORROTTI DA LEBBRA IMMONDA.

MA VOI CHE RIMARRETE IN ME, UDITE LA PROMESSA DEL CRISTO. ATTENDETEMI CON FEDELTÀ E AMORE ED IO VERRÒ A VOI CON TUTTI I MIEI DONI. COL DONO DEI DONI: ME STESSO.

VERRÒ A REDIMERE E A CURARE.

C'ERA UNA VOLTA (2) - STORIA DI UN CHICCO DI GRANO

E’ venuta l’ora, nella quale il Figlio dell’uomo sarà glorificato. In verità, in verità vi dico che se il grano di frumento, caduto in terra, non muore, resta solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perderà, e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.” (Gv 12, 23-25)

Come il seminatore ebbe terminato la sua opera, il chicco di grano venne a trovarsi tra due zolle di terra nera e umidiccia, e divenne terribilmente triste. Era buio, era umido, e l'oscurità e l'umidità aumentavano sempre di più, poiché al calar della sera s'era disciolta in pioggia fitta fitta. C'era da darsi alla disperazione. E il chicco di grano fece proprio così: cominciò a frugare nella memoria per farne uscire il ricordo di tempi belli e non belli - cosa, come tutti sanno, che porta alla disperazione -.
Bei tempi quelli, quando il chicco di grano stava al caldo e al riparo in una spiga diritta e cullata dal vento, in compagnia dei fratellini! Bei tempi sì, ma così presto passati!

Poi era venuta la falce con il suo suono stridulo e devastatore, ad abbattere tutte le spighe. Poi i mietitori con i loro rastrelli avevano caricato sui carri le spighe legate in covoni. Poi, cosa più terribile ancora, i battitori si erano accaniti sulle spighe pestandole senza pietà. E le famigliole dei chicchi, vissute sempre insieme dalla più verde giovinezza, erano state sbalzate fuori dalle loro spighe, e i chicchi scaraventati in giro, ciascuno per conto suo, per non incontrarsi mai più.

ELEMENTI DI CATECHESI - 26: LA MORTE DI GESU’ CRISTO

Gesù Cristo morì come Dio o come uomo?
Gesù Cristo morì come uomo, perché come Dio non poteva né patire né soffrire.

La morte dell’uomo è la separazione dell’anima spirituale dal corpo materiale. Dio è semplicissimo, non ha parti e non può morire, perché è indivisibile in se stesso. Gesù Cristo come Dio non poteva quindi morire.
Inoltre, Dio è perfettissima beatitudine; la morte invece causa necessariamente ripugnanza e dolore. Gesù Cristo come Dio non poteva né patire né morire.
Infine, il dolore e la morte, che sono un male per chi li subisce, non potevano toccare la divinità di Gesù Cristo, che è il sommo Bene

Invece, il corpo di Cristo nella Passione sofferse l’oppressione del Getsemani, gli strazi dei flagelli e della corona di spine, le ferite delle battiture e le trafitture dei chiodi. Quando il dolore giunse alla massima intensità e Dio cessò dal sostenere miracolosamente in vita l’umanità di Cristo, che avrebbe dovuto soccombere fin dal principio della Passione, l’anima si separò dal corpo e il Salvatore emise lo spirito (Gv 19, 30). La morte di Cristo non fu apparente, ma reale e straziante. L’anima si separò dal Corpo, ma il Verbo restò unito realmente e ipostaticamente all’uno e all’altra.

CATTOLICI IN STATO CONFUSIONALE

Ogni tanto capita, con la stessa ripetitività delle stagioni. Una personalità del mondo cattolico rilascia un’intervista nella quale prende le distanze dall’insegnamento della Chiesa. A questo punto i giornali – giustamente – rilanciano con grande fragore la notizia, gli intellettuali discutono, il mondo cattolico ufficiale soffre in silenzio per non alimentare scandali. E il popolo dei fedeli rimane disorientato, stordito. Come un gregge nel quale qualche pecora si mettesse a contestare l’affidabilità del pastore.

In realtà, questi episodi hanno alcuni elementi fra loro comuni, che permettono di smascherarli per quello che sono: l’espressione dell’antica e mai sopita ambizione dell’uomo di essere norma a sé stesso. L’adesione alla Chiesa è un atto insieme di libertà e di sottomissione: fede e ragione si sostengono, ma l’atteggiamento richiesto al cuore dell’uomo è innanzitutto l’umiltà. Dio, e non l’uomo, è l’artefice della Creazione. E dunque, Dio e non l’uomo è il Legislatore. Dunque, la verità è stata affidata da Cristo alla Chiesa. Spetta al Papa custodirla, in conformità alla Tradizione e in comunione con i vescovi. I teologi, gli intellettuali, i sinodi, i convegni ecclesiali, e perfino i singoli vescovi sono voci senza dubbio interessanti; ma non sono la Chiesa.

LE MASCHERE INGANNANO I CIECHI

È innegabile, quella politica che quasi un secolo fa riuscì a imporsi in Europa, è tornata. Il fascismo, che secondo il sentire comune si associa esclusivamente alla violenza e al degrado, mancando spesso una consapevolezza storica degna di nota, sta avendo oggi un successo e un’escalation inquietante. Il fascismo, quello di Mussolini è morto con lui e la Repubblica Sociale, ma non siamo qui a dilapidare i vostri preziosi minuti per parlarvi di questa Italietta nostra. Nel mondo, e soprattutto negli Stati Uniti, la situazione è tra l’imbarazzante e il subumano. Sir Winston Churchill, figura sì discutibile e alquanto imbarazzante, che fu però il vincitore di Hitler, proferì parole ferree, che per noi, posteri della sua eredità, costituiscono un grave monito. “I fascisti del futuro si chiameranno antifascisti” disse, ma non fu il primo, né l’unico, anche Ignazio Silone disse lo stesso, e pure Ennio Flaiano proferì: “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.” La frase originale sembra derivare da Huey Long. Robert Counterell infatti riportò che il senatore democratico disse: “Quando il fascismo giungerà in America, verrà chiamato antifascismo”. Le recenti elezioni presidenziali hanno dimostrato la lungimiranza di questi uomini. Stravinte da Donald Trump, in contraddizione con le previsioni di tutta la stampa, dichiaratamente schierata con la candidata Neo-Con Hillary, hanno suscitato lo sdegno di molte persone.

LA MORTIFICAZIONE, ESERCIZI PER LA QUARESIMA

Siamo entrati nel secondo ciclo dell’anno liturgico, dove si contempla il Mistero della Redenzione. Precisamente, dal Mercoledì delle Ceneri fino alla prima Domenica di Passione, sarà Tempo Quaresimale.
Le ceneri che il ministro pone sul capo sono fatte con i rami d’ulivo benedetti l’anno precedente, e ci ricordano la nostra prossima morte in conseguenza del peccato. Inoltre, le ceneri sul capo servono per umiliare il nostro orgoglio: “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris”. Inizia in questo modo la Quaresima: con l’invito alla mortificazione di se stessi.

La mortificazione è la realizzazione del motto: “Ama ciò che Dio ha fatto, odia ciò che hai fatto tu”. Ciò che ha fatto Dio è la natura umana nella sua perfezione e bontà, ciò che ha fatto l’uomo è il peccato originale, con le sue conseguenze... per risanare la natura umana e per elevarla alla dignità di cristiana, è necessario eliminare i frutti della colpa d’origine, cioè le cattive tendenze: questa è la mortificazione.
La Chiesa insegna e precisa i modi della mortificazione, dimostrando al contempo una stupefacente conoscenza dell’anima umana, con le sue astuzie e debolezze: conoscenza che le è data dallo Spirito Santo, da Colui che, avendo creato l’uomo, lo conosce meglio di chiunque altro.

La mortificazione è conformazione a Cristo, è il necessario martirio quotidiano di chi crocifigge le proprie passioni disordinate, a maggior gloria di Dio”, S.Bernardo.