ELEMENTI DI CATECHESI - 21: ORIGINE E CADUTA DELL’UOMO (ultima parte)

Come si chiama il peccato a cui Adamo assoggettò gli uomini con la sua colpa?
Il peccato a cui Adamo assoggettò gli uomini con la sua colpa, si chiama originale, perché, commesso al principio dell’umanità, si trasmette con la natura agli uomini tutti nella loro origine.

Si dice “originale” prima di tutto perché fu commesso all’origine dell’umanità, da colui che fu la radice del genere umano, e perché, infine, ogni uomo lo contrae nella sua origine, cioè nel momento stesso in cui diventa uomo, quando l’anima si unisce al corpo in formazione nel grembo materno.
Il peccato originale in Adamo fu attuale e volontario; nei suoi discendenti è volontario solo in quanto discendono da lui.
L’appellativo “originale” serve a distinguere il peccato di Adamo da quelli attuali commessi volontariamente dagli altri uomini e che non si trasmettono da padre in figlio.

RIFLETTO:
Dio ha permesso che noi contraessimo il peccato originale, da cui ci liberò nel santo Battesimo!


In che consiste il peccato originale?
Il peccato originale consiste nella privazione della grazia originale, che, secondo la disposizione di Dio, dovremmo avere, ma non abbiamo, perché il capo dell’umanità con la sua disobbedienza ne privò sé e noi tutti, suoi discendenti.
 
Adamo era il capo da cui dipendevano le sorti del genere umano. Dipendeva da lui conservare e trasmettere la grazia originale e i doni preternaturali che l’accompagnavano.
La grazia e i doni non erano un bene personale di Adamo, ma una ricchezza di famiglia, che ogni uomo avrebbe ereditato nel momento stesso in cui era generato e riceveva la natura umana.
Erano come delle ricchezze o un titolo nobiliare, che un uomo acquista per sé e i discendenti; ma se quell’uomo dilapida i beni e viene privato dal sovrano dei suoi titoli nobiliari, i figli, pur non essendo colpevoli della perdita, nasceranno poveri e ne porteranno le conseguenze.

RIFLETTO:
Del peccato originale non dovremo rendere conto noi a Dio, il quale però ci giudicherà secondo verità e giustizia dei nostri peccati personali o attuali.

Come mai il peccato originale è volontario e quindi colpa per noi?
Il peccato originale è volontario e quindi colpa per noi, solo perché volontariamente lo commise Adamo, quale capo dell’umanità, e perciò Dio non punisce, ma semplicemente non premia col Paradiso chi abbia solo il peccato originale.

Adamo peccò volontariamente, senz’esservi costretto da nessuno, ma solo consigliato ed esortato da Eva, già sedotta dal demonio. Egli conosceva il male e lo volle commettere. Nel suo atto vi furono tutti i requisiti della colpa personale e grave: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.
Invece nei suoi discendenti il peccato originale non è personale, poiché non è né voluto né compiuto da essi. E’ soltanto la privazione dei beni soprannaturali e preternaturali che Adamo perse e non poté trasmettere.
Dio non castiga con pene positive chi muore con il solo peccato originale. L’uomo è infatti premiato e castigato soltanto in quegli atti che sono veramente personali e umani, cioè con l’avvertenza della mente e il consenso della volontà.

Perciò, i bambini che muoiono senza il Battesimo e prima dell’uso della ragione non possono essere puniti con le pene positive dell’Inferno e del Purgatorio, ma neppure possono essere ammessi nel premio positivo e soprannaturale del Paradiso, perché non hanno la grazia e la giustizia originale, indispensabili per essere ammessi al Cielo. A questi bambini è destinato il Limbo, dove non soffrono pene positive e godono della felicità naturale di cui sono capaci
 
L’uomo, a causa del peccato originale, doveva rimaner escluso per sempre dal Paradiso?
L’uomo, a causa del peccato originale, doveva rimaner per sempre escluso dal Paradiso, se Dio, per salvarlo, non avesse promesso e mandato dal Cielo il proprio Figlio, Gesù Cristo.

In Paradiso non è possibile entrare senza la grazia santificante. L’uomo, col peccato originale aveva perduto per sempre la grazia santificante, e non avrebbe mai più potuto essere accolto in Cielo.
Come avrebbe potuto l’uomo rialzarsi dall’abisso in cui era caduto, senza una mano benefica che lo sollevasse? Come avrebbe potuto, da nemico, rifarsi amico di Dio senza il perdono, e come avrebbe potuto offrire una riparazione in certo modo infinita? Tutti gli sforzi di tutti gli uomini, prolungati per tutta l’eternità, non potrebbero meritare la grazia perduta, perché la soddisfazione sarebbe sempre di ordine naturale e non potrebbe meritare il perdono e la grazia soprannaturale.
Perciò senza il soccorso del Maestro divino, che venne a rivelare il vero Dio, uno e trino, a farsi via della verità e della vita di giustizia e a dare la sua vita in redenzione, l’uomo sarebbe rimasto escluso per sempre dal Paradiso.

Dopo il peccato Dio poteva abbandonare l’uomo alla sua sorte e infliggergli il castigo meritato; poteva anche perdonare la colpa gratuitamente, senza esigere alcuna riparazione; oppure poteva infine rimettere la colpa, esigendo la riparazione e la soddisfazione adeguata. Per la sua infinita misericordia e giustizia Dio scelse quest’ultima via.

Ma nessuna creatura era in grado di offrire la soddisfazione e la riparazione adeguata. Con un atto d’infinita misericordia, Dio promise e poi inviò dal Cielo il suo Figlio unigenito, perché si facesse uomo e soddisfacesse degnamente la divina giustizia.

RIFLETTO
:
Indubbiamente dobbiamo riconoscenza a Dio perché ci ha creati; ma riconoscenza maggiore Gli dobbiamo perché ci ha redenti, compiendo una seconda creazione, più meravigliosa della prima.

ESEMPIO:
Dopo il primo annuncio del Paradiso terrestre, la divina promessa del Salvatore fu ripetuta sempre più spesso ed esplicitamente, fino alla sua realizzazione. Ricordiamo le principali di queste promesse divine.
Mentre Abramo stava per immolare il figlio Isacco, un angelo lo trattenne e gli disse a nome di Dio: “Nel tuo seme saranno benedette tutte le nazioni della terra, perché hai obbedito alla mia voce” (Gn 22, 18).
A Giacobbe, mentre fuggiva in esilio per mettersi in salvo dall’ira del fratello Esaù, fu ripetuta la promessa già fatta al nonno Abramo e al padre Isacco (Gn 28, 10-15). Lo stesso patriarca morente, per divina ispirazione rivelò che il Salvatore sarebbe nato dalla tribù di suo figlio Giuda (Gn 49, 8-13). Il profeta Isaia rivelò che il Messia sarebbe stato figlio di una vergine (Is 7, 10-16), della famiglia del re Davide (ivi 11, 1-6). Il profeta Michea indicò Betlemme come luogo di nascita del Redentore (Mc 5, 2-5) e Daniele determinò il tempo preciso della nascita (Dn 9,25-27). 
 
(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)

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