LA PREGHIERA INSEGNATA AGLI APOSTOLI

Gesù è a Gerusalemme con i suoi Apostoli. E’ assente Giuda l’Iscariota che si è allontanato da loro con un falso pretesto. Escono dalla casa che li ospita, salgono fra gli ulivi, lasciando alla loro destra il Getsemani e elevandosi ancora, su per il monte, sino a raggiungerne la cresta su cui gli ulivi fanno un pettine frusciante. Gesù si rivolge agli Apostoli ... (...) Udite. Quando pregate, dite così: “Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Nome tuo, venga il Regno tuo in Terra come lo è in Cielo, e in Terra come in Cielo sia fatta la Volontà tua. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.(...) Non occorre altro amici miei. In queste parole è chiuso come in un cerchio d’oro tutto quanto abbisogna all’uomo per lo spirito e per la carne e il sangue. Con questo chiedete ciò che è utile a quello e a questi. E se farete ciò che chiedete, acquisterete la vita eterna. E’ una preghiera tanto perfetta che i marosi delle eresie e il corso dei secoli non l’intaccheranno.

ELEMENTI DI CATECHESI - 6: L'INFERNO


I cattivi che non servono Dio e muoiono in peccato mortale, che cosa meritano?
I cattivi che non servono Dio e che muoiono in peccato mortale meritano l’Inferno. 

Le persone cattive sono quelle che peccano trasgredendo la Legge dei divini comandamenti; non servono Dio, ma le proprie passioni, il mondo, il demonio. Giuda Iscariota, non volendo mettersi al servizio del Maestro, scelse di assecondare la sua avarizia e si dannò. I cattivi, essendo in peccato mortale, sono privi dell’amicizia divina (la grazia di Dio) e se prima di morire non si riconciliano con Dio non possono essere ammessi alla felicità dei giusti in Paradiso. Questo è il motivo per cui un cattivo anche se in vita compie qualche opera buona, poiché è in disgrazia, non può meritare il premio eterno. Gesù ci fa comprendere questa verità nella parabola delle nozze. Colui che si era introdotto nella sala del convito (figura del paradiso) senza la veste nuziale (simbolo della grazia), per ordine del padrone fu preso, legato mani e piedi e gettato fuori nel buio della notte e nel freddo invernale (v. Mt 22, 1-14).

RIFLETTO
La grazia divina che abbiamo ricevuto nel Battesimo, è un tesoro inestimabile, da custodire con ogni cura.

ESEMPIO (Lc 16, 19-26) 
C’era un ricco, il quale vestiva di porpora e di lino e dava ogni giorno splendidi banchetti. E c’era anche un povero chiamato Lazzaro, il quale giaceva coperto di piaghe alla porta del ricco, bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla sua tavola. ma nessuno gliene dava, e solo i cani venivano a leccargli le piaghe. Ora avvenne che il povero morì e fu portato dagli Angeli in seno ad Abramo; morì anche il ricco e fu sepolto. E nell’inferno, in mezzo ai tormenti, levando gli occhi e veduto da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno, gridò: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del suo dito, per refrigerarmi la lingua, perché spasimo in questa fiamma!” ma Abramo gli rispose: “Ricordati, figliuolo, che tu hai ricevuto dei beni, mentre eri in vita; Lazzaro invece dei mali. Ora questi è consolato e tu sei tormentato. C’è inoltre un grande abisso tra noi e voi, di modo che chi vuol passare di qui a voi non può, come nemmeno di là a noi.”

Che cos’è l’Inferno?
L’Inferno è il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene. 

(Apocalisse 21, 8): Per i paurosi e per gli increduli e gli esecrandi e gli omicidi e i fornicatori e i venefici e gl’idolatri e per tutti i mentitori, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la seconda morte. 

Dopo la morte nessuna cosa creata può attirare l’anima, che tende irresistibilmente a Dio, unico e infinito bene. Invece nell’Inferno è priva di Dio, della sua visione, del suo possesso, e quindi del suo gaudio. Ha un bisogno profondo, vitale di Lui, e si sa da Lui respinta, maledetta, punita. Essere priva per sempre di Dio è la pena più grande, e più ineffabile.
Il fuoco dell’Inferno, per divina volontà, ha il potere di tormentare i demoni, le anime spirituali e anche i corpi dopo la resurrezione finale. Il dannato è immerso nel fuoco, permeato e quasi immedesimato col fuoco, come noi con l’aria che respiriamo. I reprobi dell’Inferno sono anche tormentati con tutti i mali possibili. Privi di Dio, sono privi di ogni bene e afflitti da tutti i mali, che sono la mancanza del bene dovuto. 
Tra i massimi tormenti vi sono, oltre il fuoco, la disperazione, l’odio vicendevole, le pene e le umiliazioni inflitte dai demoni, l’immobilità, le tenebre. 

Il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli; e non hanno riposo né giorno, né notte (Ap 14, 11); nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore, e il fuoco non si estingue (Mr 9, 43) 

IL DOTTOR DIOCRES: 
Si racconta che, mentre si cantava l’Ufficio dei defunti per il dottor Diocres, dell’Università di Parigi, alle parole: “Responde mihi” dal feretro uscì una voce lugubre, che diceva: “Per giusto giudizio di Dio sono stato accusato”. Dopo una sospensione piena di paura, fu ripreso da capo il canto dell’Ufficio. Giunti nuovamente alle parole: “Responde mihi” si ripeté la voce: “Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato!”. Parve che il cadavere si muovesse, ma dopo un attento esame se ne constatò la rigidità. L’Ufficio fu sospeso e ripreso l’indomani. Alle parole: “Responde mihi” il cadavere si agitò, si pose a sedere e disse con voce straziante: “Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all’Inferno!”. Poi ricadde e non si mosse più. Tutti furono vivamente impressionati, ma specialmente Brunone, professore dell’Università, che abbandonò la brillante carriera, si ritirò nella solitudine, fondò l’ordine religioso dei Certosini e divenne santo, canonizzato dalla Chiesa.

Perché Dio premia i buoni e castiga i cattivi?
Dio premia i buoni e castiga i cattivi perché è giustizia infinita.

A me la vendetta; io farò giustizia, dice il Signore (Rm 12, 19). Il Signore prova il giusto e il malvagio; ma chi ama la prepotenza, Egli lo odia di cuore. Pioverà sui malvagi brace di fuoco; zolfo e vento avvampante è la parte della loro coppa. Poiché giusto è il Signore, e ama le giuste azioni. I retti vedranno il volto di Lui (Sal 10, 6-8). 

Nostro Signore ci ha descritto diffusamente come sarà fatto da Lui il Giudizio Universale, che segnerà il trionfo della divina giustizia, non lascerà nessun peccato impunito e nessuna opera buona senza premio (v. Mt 25, 31-46) 

La giustizia è la virtù che dà a ciascuno ciò che gli è dovuto, assegnando il castigo proporzionato alla colpa e il premio corrispondente al merito. La giustizia di Dio, come tutte le altre sue perfezioni, è infinita e si identifica con Lui. Come giustizia infinita, Dio non potrebbe assegnare la stessa sorte ai buoni che Lo amano e Lo servono fedelmente, e ai cattivi, che col peccato calpestano i suoi comandamenti e disprezzano la sua volontà. 

Quando poi il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e con Lui tutti gli Angeli, allora Egli si siederà sul trono della sua gloria; e tutte le nazioni si raduneranno dinnanzi a Lui e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capretti, mettendo le pecore alla sua destra e i capretti alla sua sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: “Venite, benedetti, dal Padre mio, a prendere possesso del regno che vi è stato preparato fin dall’origine del mondo. Perché io ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e voi mi deste da bere... Ogni volta che avete fatto questo a uno di questi minimi tra i miei fratelli, l’avete fatto a Me”. A quelli invece che saranno alla sua sinistra dirà: “Via da Me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ebbi fame e voi non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere... Ogni volta che non avete fatto questo a uno di questi piccoli, non l’avete fatto a Me.” E questi andranno all’eterno supplizio, e i giusti alla vita eterna (Mt 25, 31-35. 40-43. 45-46).

(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)

CHIESA E IMMIGRAZIONE/4: LETTERA A RENATO FARINA E A QUELLI CHE SI SONO GIA' ARRESI


Proponiamo la lettura (datata 2006 ma ancora attualissima) della lettera scritta da Marcello Pera (ex Presidente del Senato) a Renato Farina (l’ex vicedirettore del quotidiano Libero finito nei guai per aver collaborato con il Sismi).

Caro Renato,
c’è qualcosa che non va nelle tue “ammissioni di colpa”, e forse questa è la tua vera colpa. Si tratta del presupposto. Di tutto il resto della faccenda non so, ma questo mi è chiaro. Tu parli di una “quarta guerra mondiale” e ti riferisci a quella del terrorismo islamico contro l’Occidente. Ma commetti un errore: perché ci sia una guerra, occorre che ci siano almeno due belligeranti uno contro l’altro. Qui, di belligeranti, ce n’è un solo: mentre il terrorismo islamico combatte e fa stragi anche sul nostro suolo, l’Occidente non è in guerra.
Intanto, non vede il nemico o lo minimizza. Parla di episodi e di nuclei di guerriglia, in Iraq, in Afganistan, in Medio Oriente, ma non si accorge di quel fenomeno su vasta scala che è la rinascita risentita e minacciosa dell’islam contro la civiltà dei “giudei e crociati”. Poi l’Occidente non definisce il nemico. Nel suo linguaggio educato non si può dire “terrorismo islamico” o “di matrice islamica”, ma, al più, solo “terrorismo”, così, senza meglio specificare, oppure specificando al contrario, come quando si parlava delle “cosiddette brigate rosse”. Infine, quando proprio è costretto ad accorgersi che ha un nemico, l’Occidente crede di esserselo meritato, perché ne parla come di un diseredato, di un disperato, di una vittima delle nostre colpe, imperialiste, coloniali, aggressive.